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Che cos'è il mindful-eating?

Scommetto che molti di voi si stiano domandando cosa sia il mindful eating, magari immaginandosi qualche tecnica difficile... in realtà è una capacità innata dell'uomo, ben visibile nei neonati e nei bambini. 
Vi sarà capitato di notare che è impossibile far mangiare un boccone in più ad un bambino che è già sazio: serrerà la bocca, si girerà dall'altra parte, allontanerà la nostra mano. Questo accade perché da piccoli sappiamo in maniera del tutto intuitiva cosa e quanto mangiare per soddisfare i nostri bisogni. Siamo perfettamente sintonizzati con i messaggi del nostro corpo (la nostra "saggezza interna").

Crescendo invece, il cibo non è più solo una fonte di nutrimento e può assumere vari significati: una ricompensa o una punizione, un modo per tranquillizzarci o scaricare lo stress e così via. Per questo può accadere che da adulti si tenda a mangiare qualche boccone di troppo per non voler dire di no, per non apparire scortesi lasciando degli avanzi nel piatto, oppure per non ascoltare alcune emozioni.




Al giorno d'oggi mangiamo spesso in maniera inconsapevole, per godere di sapori intensi e riempirci lo stomaco di grandi quantità di cibi ultra processati. Siamo esposti a un’enorme varietà di alimenti facilmente accessibili a basso costo, ma con scarso potere nutritivo, e al condizionamento continuo del marketing.

Il mindful eating punta attraverso la meditazione a stimolare i processi di auto-regolazione dell'appetito e a mantenere un comportamento di maggior stabilità emotiva. 




Per gli appassionati di etimologia, il termine mindfulness deriva dalla traduzione in inglese delle parole sati e sampajana, che indicano consapevolezza, attenzione, discernimento e memoria 1. Essere consapevoli significa essere deliberatamente coscienti di ciò che succede nell'ambiente in cui ci troviamo e soprattutto all'interno di noi, nella mente, nel corpo e nel nostro cuore 2. Tranquilli, non è necessario chiudersi in un monastero o vestirsi d'arancione per riuscirci. 

Questo concetto è stato utilizzato in vari ambiti tra cui la riduzione dello stress 3, la terapia cognitivo comportamentale 4, nella prevenzione delle ricadute nelle dipendenze 5. In questo blog ci focalizzeremo sull'applicazione della consapevolezza nell'alimentazione. 

Questa pratica è stata standardizzata e portata in occidente dalla Dott.ssa Kristeller, che a sua volta è stata allieva del Dott. Jon Kabat-Zinn, il fondatore della mindfulness. Viene utilizzata sia per l’educazione alimentare, sia nella gestione dei disordini da alimentazione compulsiva e dell’obesità.




Se sei interessato/a a intraprendere un percorso di consapevolezza alimentare contattami per avere maggiori informazioni

Buon percorso,

Laura



1 Shapiro S.L., Carlson L.E. L'arte e la scienza della mindfulness. Roma: Piccin nuova Libraia (2013)
2 Bays J.C. Mindful eating per riscoprire una sana e gioiosa relazione con il cibo. Enrico Damiani editore (2018)
3 Kabat-Zinn J. Mindfulness per principianti (2017)
4 Segal Z. V., Williams J. M. G., & Teasdale J. D. Mindfulness-based cognitive therapy for depression: A new approach to preventing relapse. (2002) New York: Guilford.
5 Chawla et al.The Mindfulness-Based Relapse Prevention Adherence and Competence Scale: Development, Interrater Reliability and Validity (2010) Psychother Res. pp.388-397

Decalogo delle anti-regole

La mia parte analitica ama creare delle liste, aiutano a semplificare. Mettere in risalto i punti chiave di un argomento e focalizzare l'attenzione solo sull'essenziale.

Così, prendendo spunto da un libro del Dott. Morelli a, ho pensato di riassumere in 10 punti le piccole  azioni con cui entrare in contatto in maniera più consapevole con il cibo e con noi stessi. Non è un decalogo di regole dietetiche restrittive, per questo sono delle anti-regole:

  1. Vivi nel presente: oggi è il giorno giusto per iniziare il tuo percorso
  2. Lascia andare il perfezionismo, non devi rispecchiare alcun modello
  3. Accetta il tuo corpo e la tua bellezza adesso, anche con qualche chilo in più
  4. Impara a dire di no a ciò che ti fa stare male, senza usare il cibo come valvola di sfogo
  5. Vivi ogni giorno con gioia e entusiasmo, nonostante gli imprevisti
  6. Rivolgi a te stesso parole gentili: ti meriti amore, anche se in passato puoi aver sbagliato
  7. Dedica almeno 5 minuti ad ascoltarti
  8. Osserva le emozioni e i pensieri che sorgono senza giudicarli e senza identificarti con essi
  9. Libera l'immaginazione e apriti alla possibilità di cambiare
  10. Ravviva il fuoco delle tue passioni e dedica energia e tempo a ciò che ami


Da quale punto vuoi partire? Hai provato a metterne in pratica qualcuno?

Buon percorso,

Laura


a Morelli R. Solo la mente può bruciare i grassi. Come attivare l'energia dimagrante che è dentro di noi. Mondadori Libri, 2016

Cambiare abitudine

Come si cambia un'abitudine?

Secondo C. Duhigg ogni abitudine è costituita da tre parti 1:

1) un segnale scatenante ---> 2) una routine ---> 3) una gratificazione finale.

Ad esempio: 1) Sto provando nervosismo ---> 2) vado in cucina e mangio un sacchetto di patatine---> 3) sono appagato perché ho masticato e assunto cibo grasso e salato quindi mi sento più calmo 

Più ripetiamo questa sequenza di azioni e più tenderà a rafforzarsi. E' inutile perciò tentare di sradicare un'abitudine da zero, è più "facile" sostituirla. Ma come? 

Andando a modificare la nostra routine, cioè agendo sulla fase numero 2. 

Ad esempio la prossima volta che mi renderò conto di provare nervosismo (segnale) invece di mangiare le patatine posso decidere di uscire e fare una passeggiata con un amico (routine) in modo da svagarmi e sentirmi più calmo (gratificazione). 

In modo schematico 1) nervosismo---> 2) passeggiata ---> 3) calma

Basta una sola volta per rompere questa catena? No, come tutte le abitudini ci vuole del tempo affinché la nuova routine si consolidi.. e intanto come faccio a non ricadere nella vecchia routine? Allenando il mio autocontrollo.

"Quando si chiede alle persone di fare qualcosa che richiede autocontrollo, se sentono che è una scelta personale o che stanno aiutando qualcun altro, risulta molto meno faticoso. Se sentono che non sono autonomi, che stanno solo eseguendo degli ordini, i muscoli della loro volontà si stancano molto prima"2

Nessuno quindi può imporci di cambiare un'abitudine, dobbiamo volerlo in prima persona e soprattutto credere che questo cambiamento sia possibile!

Qual è l'abitudine che vorreste modificare?


1 Duhigg C. Il potere delle abitudini - come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle. TEA, 2012

2 Muraven M., Gagnè M., Rosman H. Helpful self-control: autonomy support, vitality and depletion. J. of Experimental and Social Psychology 44, 3 pp 573-85 (2008)

Autonutrimento e autogratificazione

Quando stai seguendo una dieta puoi avere la tentazione di rimandare ogni attività piacevole e gratificante a quando avrai perso peso. Ad esempio comprerai quel bellissimo vestito visto in vetrina solo quando avrai raggiunto una taglia 40 o andrai in piscina con gli amici solo quando avrai raggiunto il tuo peso ideale. 

Essere troppo severo con te stesso e procrastinare dei momenti di piacere non aumenta la tua motivazione anzi, può compromettere la buona riuscita della dieta e portarti a ricadute. 
Alcuni ricercatori di Yale già 30 anni fa avevano definito il concetto di autonutrimento: "un atteggiamento tollerante, rasserenante e di sostegno nei propri confronti. Si basa sulla capacità di ricavare piacere dalle esperienze positive e di sopravvivere psicologicamente a quelle negative"1

La mancanza di divertimento e l'incapacità di trarre piacere dalla vita quotidiana crea solo un vuoto che potresti tentare di colmare usando il cibo come autogratificazione.

Essere benevolo verso te stesso, concederti dei momenti di divertimento migliora il tono dell'umore, riduce la fame emotiva, aumentando la probabilità di successo di una dieta.

Inizia quindi a pensare: cosa ti piace fare? Cosa ti diverte? Esperienze quotidiane facilmente realizzabili che non ti concedi perché credi di non meritartelo o di non avere abbastanza tempo, o di non essere abbastanza bravo. Scrivine almeno 5 e inizia ad inserire queste attività nella tua routine quotidiana, vivendo piccoli momenti di gratificazione. 2

A questo punto perdonati per gli eventuali fallimenti dietetici precedenti e riconosci le tue qualità. Se hai la la tendenza a minimizzarle o a darle per scontate, potresti pensare di essere un osservatore esterno imparziale. 
Scrivi almeno 5 delle tue qualità su dei post-it che puoi vedere durante il giorno e complimentati con te stesso per ogni traguardo che raggiungi, anche se può sembrarti banale. 

Ricordati: il tuo primo obiettivo non è quello di perdere peso ma imparare ad amarti. 

1 A. K. Lehman and J. Rodin (1989). Styles of self-nurturance and disordered eating. Journal of consulting and clinical Psychology, 57 pag 117
2 E. Abramson (1996) Emozioni e cibo. Come controllare la fame nervosa.Positive pres, cap 5

Sono pieno o sono sazio?

Alzi la mano chi all'ennesima portata di un banchetto nuziale ha esclamato: basta cibo, sono pieno! Magari toccando il ventre dilatato, incapace di accogliere anche un piccolo chicco d'uva.

Abbiamo provato tutti questa sensazione di gonfiore e pienezza, associandola alla sazietà. Ma sei sicuro che essere pieni equivalga davvero ad essere sazi? 

Fai questo esperimento 1: prova a bere in maniera consecutiva dei bicchieri d'acqua. Dopo un certo numero di ripetizioni, ti accorgerai di aver raggiunto il tuo limite. Sei sicuramente pieno ma puoi dire di essere sazio? Ovviamente no, perché hai bevuto solo dell'acqua! 

E' importante quindi distinguere la sensazione fisica di pienezza dalla sazietà, che invece è regolata a livello chimico. E' l'assunzione di cibo infatti, che riduce i livelli di grelina, il nostro ormone della fame. I carboidrati tenderanno a farla scendere rapidamente mentre i grassi la manterranno bassa più a lungo. Sono però comunque necessari almeno 20 minuti affinché il senso di sazietà giunga al nostro cervello, per questo è importante mangiare lentamente e prestando la massima attenzione 2.

Quindi la prossima volta che ti troverai a tavola, ascolta i segnali del tuo corpo e fermati prima di sentirti pieno! Non basarti solo sulla porzione che consumi abitualmente, perché potresti essere sazio già prima degli ultimi bocconi. 

Per darti un'indicazione di massima, secondo la tradizione zen, il cibo non dovrebbe mai superare i 2/3 del volume dello stomaco, perché la parte restante deve rimanere libera per la digestione 3. Una pratica simile viene applicata dagli abitanti di Okinawa, i più longevi al mondo, che riempiono lo stomaco per 8 parti su 10. Provare per credere!

Buon percorso,


Laura


1 Pescatori B. Materiale didattico del corso istruttori MB-EAT

2 Muhl M.,Von Kopp D. Il linguaggio segreto del cibo - 42 scoperte rivoluzionarie sull'alimentazione. Sperling & Kupfer (2017)

3 Hanh T.N., Cheung L. Mangiare zen- nutrire il corpo e la mente. Milano: Mondadori (2015).

I pilastri della mindfulness

L'atteggiamento con cui ci approcciamo alla pratica è fondamentale per coltivare la consapevolezza. Se ci accostiamo ad essa con scarso impegno e poca energia non saremo costanti. Se ci imponiamo di rilassarci o di raggiungere a tutti i costi dei risultati, finiremo per credere di non essere capaci.

Secondo Jon Kabat Zinn, gli elementi fondanti della mindfulness sono sono sette :

• Equanimità: la capacità di non giudicare, di conoscere ciò che accade senza preferenze. Dire di sì a qualunque cosa sorga, senza etichettarla come buona o cattiva, testimoni imparziali della nostra esperienza.

• Pazienza: la saggezza nel comprendere ed accettare che ogni cosa nella vita richiede un suo tempo di maturazione e che ogni momento è già pieno così come è.

• Mente del principiante: osservare il mondo con gli occhi di un bambino, come se ogni istante tutto ci fosse sconosciuto e ci destasse meraviglia. Una mente aperta, curiosa, fiduciosa, senza pregiudizi e preconcetti derivanti dal passato o dall'educazione ricevuta.

• Fiducia: aprirsi alle esperienze della vita fiduciosi nelle nostre capacità, nella saggezza interna che ci guida.

• Non cercare risultati: semplicemente stare con quel che c'è invece di fare, stare nel momento presente. Respirare e riportare l'attenzione al corpo quando la mente scimmia si perde nel rivivere il passato o a preoccuparsi del futuro.

• Accettazione: strettamente connessa al concetto di equanimità, accettare ciò che sorge in questo preciso momento. Mi accetto per come sono ora, anche se posso avere qualche chilo di troppo. Solo dall'accettazione si può puoi proseguire nella trasformazione.

• Lasciare andare: Panta rei diceva Eraclito, tutto scorre, tutto è impermanente ed è impossibile bagnarsi più volte i piedi nello stesso fiume. E' il nostro attaccamento ad un pensiero, una persona, una cosa a causare la sofferenza.

Prova ad accostarti alla mindfulness come uno scienziato durante un esperimento: con un pizzico di scetticismo ma con apertura a tutto ciò che può accadere. 
Queste qualità sono importantissime anche per intraprendere un percorso di consapevolezza alimentare e di accettazione corporea.

Quale di queste ti risuona di più? Su quale invece puoi ancora lavorare?

Buon percorso,

Laura

 1 Kabat-Zinn J. Vivere momento per momento - Sconfiggere lo stress, il dolore, l'ansia, e la malattia con la saggezza di corpo e mente. Tea (2004)

I 9 tipi di fame

Avete mai visto un leone o un orso in sovrappeso? Sicuramente no, perché gli animali selvatici rispondono alla fame fisiologica, cioè quella che permette di ottenere energia al fine di espletare le normali funzioni per la sopravvivenza. Quindi se fossimo un leone nella savana o un orso polare mangeremmo per un motivo semplicissimo: la fame cellulare!

Noi esseri umani invece, possiamo mangiare non solo per un istinto atavico, quella saggezza interiore che ci induce a mangiare nutrienti utili alla nostra sopravvivenza, ma anche perché siamo stimolati attraverso i sensi, oppure per colmare delle carenze affettive, o ancora, per scaricare delle tensioni mentali. 

Questo accade perché la mente interagisce con il cibo e condiziona le nostre abitudini alimentari, a partire dal concepimento fino alla vecchiaia. Conoscere i meccanismi che sono alla base del rapporto mente-cibo restituisce un senso di amore e di libertà al nutrimento, che troppo spesso diventa solo un automatismo invece di un atto sacro. 

E' importante perciò iniziare a prendere consapevolezza che esistono vari tipi di fame oltre a quella cellulare: 2

  • La fame degli occhi: sfogliamo una rivista di cucina e abbiamo l'acquolina in bocca solo a guardare le foto dei piatti
  • La fame del tatto: "il piacere di tuffare la mano in un sacco di legumi", come diceva Amèlie 3
  • La fame delle orecchie: siamo al cinema e il nostro vicino sgranocchia dei pop corn, ne sentiamo il rumore e subito ci viene voglia di mangiarne una manciata
  • La fame del naso: camminiamo per strada e ci arriva il delizioso profumo di una torta appena sfornata, non iniziamo a sognarne una fetta?
  • La fame della bocca: assaporare lentamente un cibo godendoci la consistenza, cercando delle sensazioni piacevoli
  • La fame dello stomaco: è ora di cena e non abbiamo ancora messo nulla sotto i denti, ecco che abbiamo i crampi e il nostro stomaco inizia a brontolare
  • La fame della mente: "ho letto su una rivista che questo cibo contiene tot calorie, quindi non dovrei mangiarlo, quest'altro invece è sano perciò non corro pericoli.."
  • La fame del cuore: ci ritroviamo a mangiare una vaschetta di gelato davanti ad un film strappa lacrime nel tentativo di superare una delusione amorosa, oppure ci sentiamo in ansia e sgranocchiamo un pacchetto di patatine per calmarci


E tu, ti sei riconosciuto in alcune di queste situazioni? 
Nei prossimi post approfondiremo meglio questi argomenti intanto, quando hai fame, prima di addentare qualunque cosa ti capiti a portata di mano, fermati un attimo e chiediti se la fame che senti è reale o se rientra in queste categorie.

Buon percorso,

Laura













1 Riefoli M. Il rapporto mente-cibo. La guida più completa sui meccanismi mentali in relazione all'alimentazione dal concepimento alla vecchiaia. (2005)
2 Bays J.C. Mindful eating per riscoprire una sana e gioiosa relazione con il cibo. Enrico Damiani editore (2018) 
3 Il favoloso mondo di Ameliè (2001)

Benvenuti




Inizia con questo post l'esperienza di condivisione su questo sito. 
Il titolo lo preannuncia, parleremo di come riportare l'attenzione su un'azione automatica e troppo spesso data per scontata, quella della respirazione. Tante volte durante la giornata andiamo in affanno, quando basterebbe chiudere gli occhi, poggiare una mano sull'addome, una sul petto per riconnetterci al nostro respiro. 

Questo piccolo gesto può essere svolto ogni volta che ne abbiamo bisogno, ma è fondamentale nel momento in cui ci nutriamo. Al giorno d'oggi mangiamo sempre più spesso in maniera frettolosa e inconsapevole, magari un tramezzino trangugiato in piedi al bar, o peggio ancora in ufficio mentre continuiamo a lavorare al PC. Cerchiamo sapori intensi e proviamo a colmare dei vuoti che molte volte non hanno nulla a che vedere con la fame. 

Il cibo infatti, ha certamente un ruolo strutturale e fisiologico, grazie alle sue componenti bromatologiche che contribuiscono al mantenimento in salute del nostro corpo. Tuttavia è anche una fonte di nutrimento per la mente e per l'anima. Per questo a mio giudizio, non si può parlare del rapporto con il cibo solo in maniera schematica ed asettica, senza considerare anche gli aspetti emozionali e psicologici ad esso connessi. 

Forse l'alimentazione consapevole ti può apparire stravagante, ma ci sono anni di studi e di ricerche a riguardo, svolte in tutto il mondo. Nei post successivi troverai sempre i riferimenti bibliografici, in modo che possa verificare tu stesso le fonti. 

In questo percorso di consapevolezza vedremo quindi come l'osservazione, l'attitudine non giudicante e la connessione con il respiro durante i pasti, siano condizioni importanti per sentirci soddisfatti e sazi, tanto quanto la scelta di cibi sani. 

Nutriamoci con amore. Uso il noi, perché sarò la prima a mettere in pratica gli argomenti che tratteremo, come biologa nutrizionista, istruttrice di yoga e istruttrice di mindful-eating, ma prima di tutto come essere umano.

Ricordati che anche il più lungo dei cammini inizia dal primo passo, e se stai leggendo queste righe, probabilmente l'hai già fatto.

Buon percorso,

Laura